di Mauro Giusti
Educare un Akita con premietti oppure no?
Buongiorno popolo degli Akita, possessori e non.
Oggi affrontiamo uno dei più controversi argomenti del mondo cinofilo, ossia, come educare il proprio cane. In particolare un Akita.
Dopo oltre vent’anni di lavoro su questa razza, credo di avere un’idea piuttosto chiara su cosa significa avere a che fare con un Akita.
Uno dei crucci più grossi è sull’utilizzo o meno dei premietti.
Il concetto di premietti è quasi sempre legato al cibo, di conseguenza, al più conosciuto metodo del Luring (Adescare), ovvero, attraverso l’utilizzo di cibo, si fa leva sul senso più sviluppato del cane (l’olfatto) per adescarlo, attirarlo a se con la promessa di una ricompensa.
La maggior parte dei cani è estremamente goloso ma nel mondo Akita le cose non sono sempre così.
Gli Akita sono cani piuttosto pratici e di conseguenza non si fanno “comprare” così facilmente. Nel mondo Akita, il “premietto” non è fondamentale e se ne ha la dimostrazione quando è il momento del pasto. Quanti Akita conoscete che si scapicollano sulla ciotola per divorare il pasto?
Per l’Akita, fin dalla tenera età, una delle cose più importanti è l’affiliazione, ovvero la dinamica relazionale con gli elementi del branco.
Fin da cucciolo l’Akita, maschio o femmina che sia, sarà alla ricerca del suo posto all’interno del branco sia dal punto di vista gerarchico che dei compiti da svolgere.
Il nostro compito è quello di dargli le indicazioni appropriate al fine di fargli comprendere quale è la sua esatta collocazione nel branco e quali sono i suoi compiti togliendogli ogni forma di responsabilità da gestire. E’ un cane e come tale va gestito. Più lo si umanizza, peggio sarà per lui e di conseguenza anche per noi.
L’Akita ricerca costantemente attenzioni ed interazione da parte degli elementi del branco. Non ricerca il classico “premietto” ma l’interazione fisica e verbale che gli consentono di capire come comportarsi e di modellare il suo carattere. L’Akita è già di suo un cane molto equilibrato grazie al suo forte carattere ma questo non ci permette di gongolare perché ci si ritorcerebbe contro molto più velocemente di quello che crediamo.
Per esperienza sia lavorativa, che diretta (sono proprietario di Akita), direi che la gestione attraverso una interazione fisica e verbale sia uno dei metodi migliori. Sicuramente è la strada da intraprendere più difficile, articolata, complicata, ma è sicuramente la più duratura e meno volubile. Inoltre, parlando di Akita, l’interazione fisica è un più fondamentale su una razza che poco ama le manipolazioni superflue. Non solo con gli elementi del branco ma anche verso figure come il veterinario ed altre persone (amici e parenti) che ruotano intorno alla realtà del branco.
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